mercoledì 11 marzo 2009

L'ultima volta [7ª PARTE]

Bisognava trovare un piano. Alla svelta. Non ci si poteva rivolgere alle forze dell'ordine. Pinna aveva da tempo capito che erano profondamente corrotte. Quindi, doveva fare tutto da solo.
Andare da don Luciano? Poteva essere un'idea. Se non riesci a batterli, unisciti a loro. D'altronde aveva innumerevoli contatti in testa. Tutti memorizzati. Iniziamo a salire i gradini, pensò soddisfatto, e arriviamo a don Luciano. Se ci arriviamo vivi, non mi resta che consegnare le pecorelle smarrite al pastore. Potrei anche fuggire... Ma so già che mi troverebbero. Non farei in tempo ad arrivare al primo aeroporto... Stigazzi e i suoi uomini mi stanno già cercando. È una lotta contro il tempo. Arrivare da don Luciano prima che Stigazzi mi pianti una pallottola nel petto.
Ok, punto numero uno: andare a fare una visita al Carogna. Punto numero due: scoprire dove poter trovare il Macellaio, e farci due chiacchiere. Punto numero tre: trovare il Contabile. E per finire, parlare con don Luciano. «Si, può funzionare», disse a bassa voce, «ma prima di tutto mi devo sbarazzare di questa macchina e della mia uniforme.»

«Anvedi quer fijo de 'na mignotta!» imprecò Stigazzi. «E che cazzo vuol fare adesso?»
L'assassino guardò sbigottito Stigazzi.
«Io lo so cosa vuol fare quello stronzo», continuò Stigazzi, «quello stronzo ci vuole consegnare nelle mani di don Luciano. Non mi ero mai reso conto che dentro quella testa vuota avesse un cervello... Potrebbe conoscere nomi, indirizzi... Potrebbe mettermela nel culo... Sa troppe cose su di me. Sa di certi affarucci che ho fatto, roba che sicuramente non piacerà a don Luciano. Se dovesse venirne a conoscenza... non voglio immaginare cosa potrebbe succedermi. E poi adesso sa anche che ti volevo coprire. Beh, il primo problema lo risolviamo subito, tanto ormai, non mi servi più a niente...»
Freddo, impavido, estrasse la pistola di ordinanza, la puntò al petto dell'assassino, e scaricò due colpi in rapida successione. L'altro non ebbe il tempo di reagire. Morì sul colpo, andando a sbattere contro il cofano della macchina.
«E adesso, cerchiamo di risolvere anche il problema Pinna», sentenziò Stigazzi. «Quel lurido figlio di puttana si pentirà di ciò che ha fatto. Lo ucciderò lentamente, quel bastardo... Lo farò soffrire a tal punto che mi supplicherà di ucciderlo. Gli farò rimpiangere di non essere morto adesso. Avrei fatto una cosa veloce. Indolore. E invece lui voleva vivere... E forse adesso vorrebbe prendere il mio posto... Capirà che ha fatto il passo più lungo della gamba.»
Stigazzi prese un fazzoletto, e si asciugò la faccia e le mani dal sangue che gli era schizzato addosso. Anche l'uniforme era sporca. Aprì il bagagliaio della Volvo nera e caricò il corpo ancora caldo del killer. Salì in macchina. Girò le chiavi, che erano rimaste inserite. Accese la macchina. E partì. E adesso, andiamo a fare una visita al Carogna, pensò Stigazzi risoluto.

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