sabato 23 maggio 2009

L'ultima volta [12ª PARTE]

Portaci dal Contabile furono le uniche parole proferite dal Macellaio dopo che salì in macchina. L'autista, un tipo grosso con una brutta cicatrice sulla guancia, annuì senza aprire bocca. Pinna stava seduto accanto al Macellaio. Due piccioni con una fava, pensò avendo cura di non tradire nessuna emozione.
La macchina correva nelle strade strette della città. Pinna guardò distrattamente l'orologio: ore undici e venticinque minuti.

«Dove?!» urlò Stigazzi. «Dove cazzo è andato quel fijo de 'na mignotta!?»
«È un affare grosso», bofonchiò il Carogna, «e quando si tratta di affari del genere, è il Contabile che decide. Investimenti, prestiti, riciclaggio di denaro...»
«E quindi? Dici che si sono diretti dal Contabile? Allora chiamalo! Avvertilo! Forza!»
«Commissario... io non ho mai preso contatti diretti col Contabile. Il mio compito è quello di passare tutti gli affari importanti al Macellaio... E basta. Mi fermo qui. Faccio quello che mi dicono...»
«Ecco, bravo, allora fai quello che ti dico io: vuoi ritrovarti con una pallottola nel cervello? Perché è questo che ti succederà quando si verrà a sapere che sei stato tu a indirizzare quel rotto in culo di Pinna verso i vertici dell'Organizzazione. E se per sbaglio quel fottuto bastardo riuscisse a raccogliere qualche prova? Se non fosse da solo? Ti rendi conto che saresti tu il responsabile? Sei tu che l'hai mandato dal Macellaio...»
Il Carogna rimase basito. Le rughe sul suo volto sottolineavano i tanti anni passati, e i pochi che probabilmente gli rimanevano. Era messo male, lo sapeva benissimo. Il fegato... Cirrosi, gli avevano detto. Forse qualche anno ancora, per essere ottimisti. Qualche anno che voleva ancora viversi. Doveva avvisare i vertici, in qualche modo. Il Contabile... Sapeva dove viveva. Arrivare lì in piena notte... Non era una buona soluzione, lo riconosceva. Però era l'unica soluzione.
«Andiamo dal Contabile. So dove vive. Se si sono diretti lì, li troveremo. In caso contrario, lui saprà cosa fare. Dobbiamo sperare che oggi sia di buon umore. Conosco alcune storie sul suo conto che farebbero rabbrividire chiunque...»
«Bene», rispose Stigazzi, «allora muoviamoci. Quanto dista da qui?»
«Beh... a occhio e croce saranno un'ora e mezza di macchina.»

Erano già passati tre quarti d'ora da quando erano partiti. Pinna non aveva la più pallida idea di quanto tempo ancora sarebbe dovuto rimanere in silenzio in quella macchina. Silenzio che non intendeva rompere. Tempo. Per pensare. Un'idea... Cristo! Ora mi serve un'idea. Il pubblico è in silenzio... e ascolta. Tra poco dovrò dire la battuta di chiusura. E, se sbaglio, non avrò una seconda possibilità.