martedì 9 giugno 2009

L'ultima volta [13ª PARTE]

Mezzanotte e mezza. L'inizio di un nuovo giorno. Ma per Tore Pinna la giornata non era ancora finita. Dopo circa un'ora di viaggio, giunsero a una collina in aperta campagna, molto distante dalla periferia della città, sormontata da una villa dalle dimensioni gigantesche, con tanto di giardino sconfinato che la circondava. Dev'essere la dimora del contabile, pensò Pinna. Adesso inizia il gioco. Ho un grosso affare da proporre al Contabile. Ma non sono i camion che trasportano alluminio. E tanto meno è un affare da 10 milioni di euro. A dire il vero è un affare da 50, forse 100 milioni di euro. Forse anche di più. In gioco c'era la sua vita. Il tempo per recitare era finito. Il sipario si chiuse nel momento in cui arrivarono alla villa del Contabile, e si riaprì nel momento in cui venne aperto il grosso cancello in ferro battuto. Dopo aver recitato, gli attori si tolgono la maschera e si presentano. Fanno un inchino al pubblico. E raccolgono gli applausi... se lo spettacolo è piaciuto, si intende.
Per Tore Pinna era arrivato il momento di togliere il suo asso dalla manica. E doveva far presto, perché qualcosa gli diceva che il Commissario Stigazzi e il Carogna sarebbero giunti lì a breve.

Si accomodarono in un salotto lussuosissimo: pavimenti in marmo, colonne sparse qua e là, e un'infinità di statue e dipinti di vario genere gli conferivano un'aria solenne e maestosa.
Da una porta laterale uscì il Contabile. Pinna lo vide. Constatò che avrebbe dovuto avere una sessantina d'anni. Era alto e magro, e, nonostante fosse in vestaglia da notte, aveva un portamento fiero ed elegante, che gli suscitò stupore e al contempo ammirazione.
«A cosa devo l'onore di una visita a quest'ora della notte?» chiese il Contabile. «Spero che sia una questione di vita o di morte.»
Il Contabile era stranamente calmo. Il Macellaio tirò un sospiro di sollievo. L'ultima volta che era successo un affare del genere risaliva a qualche anno prima. Un francese aveva da sbrigare un affare importante: un carico da un milione e mezzo di euro era bloccato al porto. La guardia di Finanza aveva iniziato a perquisire la nave merci. Roba di un'ora al massimo, e avrebbero trovato la cocaina nascosta dentro gli orsacchiotti di peluche. Il carico portato dal francese era destinato all'organizzazione di don Luciano. Subito era stato avvisato il Carogna, che aveva provveduto a contattare il Macellaio. Quest'ultimo aveva contattato il Contabile: c'era da muovere molte pedine, e il Contabile era il solo (dopo don Luciano, si intende) ad avere le carte in regola per bloccare la perquisizione prima che trovassero la droga. Dopo avergli telefonato, il Macellaio si era diretto, insieme al francese, presso la villa del Contabile. Il Contabile non aveva gradito di essere stato svegliato. Era andato su tutte le furie. Aveva freddato il francese con tre colpi alla testa. Il Macellaio era rimasto basito. Era uscito dalla villa, temendo che quel pazzo se la prendesse anche con lui. L'affare era andato male. I finanzieri avevano trovato la droga. L'organizzazione di don Luciano aveva perso un milione e mezzo di euro, e se l'era vista brutta: per poco non riuscirono ad incastrarli. Don Luciano però aveva mantenuto la calma, e non aveva osato dire niente al Contabile. A tutti era sembrato molto strano. Se qualsiasi altro membro dell'organizzazione avesse commesso l'errore del Contabile, sarebbe stato scannato vivo. Ma il Contabile... lui godeva di molti privilegi. Più di chiunque altro, dopo don Luciano.
«Chiedo scusa per l'ora», proferì il Macellaio, «ma qui sembra esserci un affare molto importante. Questo gentleman al mio fianco è il dottor Massimiliano Cadeddu. Ha dei camion fermi, che non può spostare. Trasportano merce per una cifra di 10 milioni di euro.»
Tore Pinna porse la mano al Contabile, che gliela strinse energicamente.

«Ma porca di quella troia che t'ha messo al mondo!» esclamò Stigazzi. «Ma 'ndo cazzo stiamo andando? È da quasi un'ora che siamo in viaggio!»
«Scusi signor Commissario», rispose il Carogna, «ma siamo quasi arrivati... roba di minuti.»
«E stigazzi!! Accelera!! Schiaccia quel dannatissimo acceleratore! Non c'è tempo da perdere! Quello stronzo di Pinna sarà già arrivato... Supposto che si siano diretti dove hai detto tu.»
«Si, signor Commissario.»
Il Macellaio accelerò. Roba di minuti, aveva detto. Stigazzi cominciò a sudare freddo. Dio solo sa cosa ha in mente quello stronzo di Pinna, pensò preoccupato.

«Buonasera, il mio nome è Salvatore Pinna.»
Nella stanza sembrò che la temperatura fosse scesa di almeno una decina di gradi.
«Il mio nome è Salvatore Pinna», continuò Tore Pinna, «e sono un appuntato.»
Il Macellaio fece un passo indietro e appoggiò la mano sulla pistola.
«Ho mentito. Non c'è nessun camion, e non c'è nessun affare da 10 milioni di euro. L'affare, invece, è da almeno 50 milioni di euro. In questi ultimi cinque anni so che avete perso molti soldi. Molti dei vostri carichi di droga e di armi sono stati inspiegabilmente intercettati. Avete sicuramente pensato che potesse esserci una spia all'interno dell'organizzazione. Avete fatto fuori qualche disgraziato, ma i carichi continuavano ad essere intercettati. E voi continuavate a perdere soldi. Io so chi vi ha tradito, e so dove sono finiti quei soldi. Lo so perché sono dieci anni che lavoro fianco a fianco con l'uomo a cui state dando la caccia.»