lunedì 30 marzo 2009

L'ultima volta [9ª PARTE]

«Ma chi minchia è a quest'ora?» imprecò il Carogna, alzandosi di scatto dalla sedia e rovesciando il bicchiere di whiskey sul tavolo. Prese il fucile, tolse la sicura, e aprì la porta.

Me l'aspettavo, pensò Pinna, senza perdere la calma. «Buonasera, mi scuso per l'ora, ma avrei un affare urgente da sbrigare. Non ho armi addosso e sono da solo. Se può abbassare quel fucile, magari si potrebbe fare una chiacchierata da persone civili...»
Il Carogna, dopo essersi accertato della veridicità delle affermazioni di Pinna, mise il fucile da parte e lo fece entrare.
«Dunque, innanzitutto mi presento. Mi chiamo Massimiliano Cadeddu. Sono appena arrivato dalla Sardegna per cercare di risolvere un problema...»
Gli sarebbe piaciuto poter fingere di non essere sardo, ma il suo accento glielo impediva. Se Stigazzi avesse parlato col Carogna... meglio non pensarci, per ora.
«
La situazione ci è sfuggita un po' di mano. Hanno intercettato uno dei nostri camion che trasportavano alluminio... Chiaramente non c'era solo alluminio. Ora il rischio è che perquisiscano anche gli altri. I camion sono parcheggiati in un piazzale poco distante da qui. Si parla di un affare da 10 milioni di euro... Non proprio spiccioli, insomma. La ditta che usavamo come copertura è al momento sotto sequestro preventivo... Poco male per quello, visto che abbiamo fatto sparire le prove. Però mancano all'appello i 15 camion. Le autorità li stanno cercando.»
Il Carogna ascoltava con attenzione, aggrottando la fronte ogni tanto. Accese uno dei suoi sigari cubani e iniziò ad aspirare nervosamente a grosse boccate.
«Non abbiamo mai avuto rapporti diretti con voi. Però sappiamo che questo è il vostro territorio, e se vogliamo far arrivare al più presto i camion a destinazione, forse voi potreste darci una mano.»
Pinna sapeva che il Carogna non era autorizzato a prendere simili decisioni, e sapeva anche che ogni tanto gli toccava ricevere visite di quelli che sarebbero diventati i futuri clienti.
«C'è un unico problema: la merce deve arrivare entro stanotte a destinazione. Stanno per scoprire dove si trovano i camion, è solo questione di ore.»
Bene. un affare da dieci milioni di dollari. Da risolvere al più presto possibile. Il Carogna era stato ben addestrato ad affrontare situazioni simili: doveva solo contattare il Macellaio. Poi avrebbe potuto riniziare a bere il suo whiskey.
«Va bene. Aspettate un attimo», borbottò il Carogna, e andò in un'altra stanza. Dopo poco più di un minuto fece ritorno.
«Fatevi trovare all'angolo tra via Aldo Moro e via Rossini. Sapete dove si trova?»
«Userò il navigatore»
«Bene, allora arrivederci», grugnì il Carogna.
«Arrivederci», gli rispose Pinna. Uscì dalla casa, salì in macchina e partì verso il luogo d'incontro prestabilito. Il loro colloquio non era durato neanche dieci minuti. Appena uscito dalla strada bianca che portava alla casa del Carogna, imboccò la provinciale. Lì incrociò un taxi. Dentro il taxi intravide il commissario Stigazzi intento a fare una telefonata.
«Non mi ha visto. Grazie a dio, non mi ha visto», pensò Pinna, sudando freddo e premendo più a fondo l'acceleratore.

venerdì 20 marzo 2009

L'ultima volta [8ª PARTE]

Il Carogna non aveva una vita sociale, né aveva mai desiderato averla. Era solitario e misantropo, odiava tutto e tutti, e se poteva evitava di uscire di casa per giorni e giorni. Burbero, di poche parole, con addosso la solita tuta blu da meccanico sporca di grasso. La folta barba nera incolta e i capelli lunghi oleosi raccolti in una specie di coda gli conferivano un'aria davvero trasandata.
Era un bravo esecutore di ordini, e per questo piaceva molto a don Luciano, col quale, però, non aveva rapporti diretti. Era il Macellaio a occuparsi di tutto. Gli diceva cosa fare, come farlo, dove farlo. E il Carogna eseguiva, lento ma preciso, senza sbagliare e senza mettersi alcun tipo di problema morale. Era un sempliciotto, non abituato a prendere decisioni, e questo Pinna lo sapeva.

Pinna si era procurato dei vestiti nuovi. Era quasi irriconoscibile, agghindato così: abito scuro, mocassini in pelle, giaccone in kashmir. E un nuovo portamento, elegante, riservato. Sembrava proprio uno di loro. Aveva noleggiato una berlina Mercedes, nera, lucidata a puntino, con i vetri oscurati e gli interni in pelle. Si, sembrava decisamente uno di loro. Però aveva già perso troppo tempo...
Era ormai arrivato all'estrema periferia della città, dove si intravedevano collinette e prati verdi. Lì avrebbe trovato il Carogna. Ma doveva fare molto in fretta, Stigazzi era già sulle sue tracce.

Stigazzi continuava a rimuginare. Cosa aveva intenzione di fare Pinna? Stava davvero cercando di arrivare a don Luciano? Oppure semplicemente erano tutte congetture? Magari era già in aeroporto... pronto a fuggire come un vigliacco. Si, un vigliacco. Un lurido vigliacco fijo de 'na mignotta. E se non fosse stato un vigliacco? Se anziché fuggire, consapevole del fatto che prima o poi l'avrebbero preso, avesse davvero tentato di arrivare a don Luciano? Pinna sapeva troppo. Pinna poteva costargli tutto. Pinna poteva anche prendere il suo posto da commissario, se avesse voluto.
In ogni caso, doveva andare dal Carogna. Aveva bisogno di una mano... Il Carogna l'avrebbe aiutato. Ormai lo considerava quasi un amico. Era troppo stupido per capire quante volte Stigazzi lo avesse raggirato, quante volte lo avesse usato per i suoi traffici privati, senza passare per don Luciano. E anche questa volta gli avrebbe tirato fuori una bella storia. L'avrebbe condita di un po' di "mi devi aiutare", "io con te farei lo stesso", "è anche grazie a me che puoi vivere qui da solo, senza grossi problemi, facendo solo qualche lavoretto ogni tanto"... e poi gli avrebbe detto di contattare il Macellaio, di dirgli che Pinna... che Pinna aveva scoperto qualcosa... e che stava per avviare un'indagine su di loro. Ecco! Così, senza pensarci due volte, l'avrebbero cercato e fatto fuori. Veloce e indolore. Beh, se invece fosse stato lui a trovare per primo Pinna... non sarebbe stato né veloce né indolore... Ma quello era un altro discorso. Il motore calò di giri. Poi aumentò. Poi diminuì. La macchina si spense. Aveva finito la benzina. «A lì mortacci!! Puttana la mignotta!!», imprecò Stigazzi. Abbandonò la Volvo nera sul ciglio della strada e si preparò a fare una lunga passeggiata.

Pinna parcheggiò la Mercedes. Diede uno sguardo all'orologio: erano le dieci e mezza di sera. Un po' tardi per una visita, no? Vabbè, pazienza. Suonò il campanello e attese sull'uscio. Nel giro di dieci minuti sarebbe arrivato anche Stigazzi. Ma questo, chiaramente, Pinna ancora non lo sapeva.

mercoledì 11 marzo 2009

L'ultima volta [7ª PARTE]

Bisognava trovare un piano. Alla svelta. Non ci si poteva rivolgere alle forze dell'ordine. Pinna aveva da tempo capito che erano profondamente corrotte. Quindi, doveva fare tutto da solo.
Andare da don Luciano? Poteva essere un'idea. Se non riesci a batterli, unisciti a loro. D'altronde aveva innumerevoli contatti in testa. Tutti memorizzati. Iniziamo a salire i gradini, pensò soddisfatto, e arriviamo a don Luciano. Se ci arriviamo vivi, non mi resta che consegnare le pecorelle smarrite al pastore. Potrei anche fuggire... Ma so già che mi troverebbero. Non farei in tempo ad arrivare al primo aeroporto... Stigazzi e i suoi uomini mi stanno già cercando. È una lotta contro il tempo. Arrivare da don Luciano prima che Stigazzi mi pianti una pallottola nel petto.
Ok, punto numero uno: andare a fare una visita al Carogna. Punto numero due: scoprire dove poter trovare il Macellaio, e farci due chiacchiere. Punto numero tre: trovare il Contabile. E per finire, parlare con don Luciano. «Si, può funzionare», disse a bassa voce, «ma prima di tutto mi devo sbarazzare di questa macchina e della mia uniforme.»

«Anvedi quer fijo de 'na mignotta!» imprecò Stigazzi. «E che cazzo vuol fare adesso?»
L'assassino guardò sbigottito Stigazzi.
«Io lo so cosa vuol fare quello stronzo», continuò Stigazzi, «quello stronzo ci vuole consegnare nelle mani di don Luciano. Non mi ero mai reso conto che dentro quella testa vuota avesse un cervello... Potrebbe conoscere nomi, indirizzi... Potrebbe mettermela nel culo... Sa troppe cose su di me. Sa di certi affarucci che ho fatto, roba che sicuramente non piacerà a don Luciano. Se dovesse venirne a conoscenza... non voglio immaginare cosa potrebbe succedermi. E poi adesso sa anche che ti volevo coprire. Beh, il primo problema lo risolviamo subito, tanto ormai, non mi servi più a niente...»
Freddo, impavido, estrasse la pistola di ordinanza, la puntò al petto dell'assassino, e scaricò due colpi in rapida successione. L'altro non ebbe il tempo di reagire. Morì sul colpo, andando a sbattere contro il cofano della macchina.
«E adesso, cerchiamo di risolvere anche il problema Pinna», sentenziò Stigazzi. «Quel lurido figlio di puttana si pentirà di ciò che ha fatto. Lo ucciderò lentamente, quel bastardo... Lo farò soffrire a tal punto che mi supplicherà di ucciderlo. Gli farò rimpiangere di non essere morto adesso. Avrei fatto una cosa veloce. Indolore. E invece lui voleva vivere... E forse adesso vorrebbe prendere il mio posto... Capirà che ha fatto il passo più lungo della gamba.»
Stigazzi prese un fazzoletto, e si asciugò la faccia e le mani dal sangue che gli era schizzato addosso. Anche l'uniforme era sporca. Aprì il bagagliaio della Volvo nera e caricò il corpo ancora caldo del killer. Salì in macchina. Girò le chiavi, che erano rimaste inserite. Accese la macchina. E partì. E adesso, andiamo a fare una visita al Carogna, pensò Stigazzi risoluto.

sabato 7 marzo 2009

L'ultima volta [6ª PARTE]

L'agente Tore Pinna aveva dietro di se una storia molto particolare. Ultimo di cinque figli, aveva vissuto i primi diciotto anni della sua vita nell'entroterra sardo, dove aveva compreso fin dall'infanzia i concetti dell'onore e del rispetto. Poi aveva scelto di fare lo sbirro. In realtà quel lavoro non gli era mai piaciuto, ma era stato l'unico modo per evadere dal campanilismo di una società chiusa, in cui non avrebbe avuto nessun tipo di futuro. Ogni tanto sognava le sue montagne e il suo paesetto di trecento abitanti, in cui aveva abbandonato la dimensione umana per essere fagocitato dalla grande città.
Quel lavoro lo stava lentamente logorando, se ne rendeva conto giorno dopo giorno. Gli anni della speranza, dell'ottimismo e della scoperta avevano lasciato il posto a quelli della rassegnazione, del passivismo e della rinuncia.
Ormai, si era rassegnato. Svolgeva sempre gli stessi compiti, comandato a bacchetta da quello stronzo di Stigazzi, in un susseguirsi di giornate uguali e senza senso. Ma c'era una cosa che Stigazzi non aveva assolutamente previsto: in dieci anni di onorato servizio Pinna aveva riordinato e archiviato tanto di quel materiale da essersi reso conto, mese dopo mese, anno dopo anno, che quel fottuto bastardo di Stigazzi era corrotto fino al midollo. Ormai conosceva nomi e cognomi di tutti i suoi scagnozzi. Di me non si preoccupa, pensava rabbioso Pinna. Mi considera uno stupido, un inetto, un bravo esecutore di ordini.
Stigazzi avrebbe scoperto a sue spese che l'agente Tore Pinna non era per niente innocuo, e tutti quegli anni di sottomissioni e silenzi forzati lo avevano lentamente trasformato. La vendetta è un piatto che va consumato freddo. E Tore Pinna aveva già aspettato abbastanza.
Pinna diede uno sguardo all'assassino, e poi si rivolse verso Stigazzi. Il killer aveva riposto la pistola, e Stigazzi era talmente sicuro dell'innocuità di Pinna, che gli dava le spalle, ignorandolo. Doveva fare in fretta: questione di secondi, e l'avrebbero fatto fuori. Stigazzi non si sarebbe messo problemi a sbarazzarsi di lui.
Con una mossa repentina, Pinna tirò fuori la pistola d'ordinanza, si allontanò di qualche passo e sparò due colpi in rapida successione. La sua mira era infallibile: colpì il ginocchio di Stigazzi, che cadde in avanti, travolgendo l'assassino. Approfittando del momento di caos, salì nella macchina ancora accesa, e si dileguò. Nella faccia del commissario si dipinsero prima sgomento, e poi rabbia. Rabbia e indignazione.
«Ma che cazzo hai fatto Pinna? Tu non hai idea del casino in cui ti sei appena cacciato!!» urlava Stigazzi alla volante che, stridendo le gomme nell'asfalto, per poco non lo travolgeva.
Pinna aveva già capito cosa avrebbe dovuto fare. Era ora di finirla, una volta per tutte. Si ricordava i nomi, gli indirizzi, e addirittura i numeri di telefono. Stigazzi ha le ore contate, pensò con un pizzico di soddisfazione. Le conosceva, le regole. Regola numero uno: chi sbaglia è morto. Regola numero due: chi tenta di fottere don Luciano, è morto due volte.
Spinse il pedale dell'acceleratore a tavoletta. Si guardò nello specchietto retrovisore, non riconoscendosi. La gente cambia, pensò, e il povero coniglio bastonato si è trasformato in un lupo. Un lupo assetato di sangue. E di vendetta.

venerdì 6 marzo 2009

L'ultima volta [5ª PARTE]

Rimase paralizzato.
Chi cazzo era quello sbirro che aveva tutte quelle informazioni su di lui? E poi don Luciano, l'Innominabile, l'Intoccabile, il Supremo, poteva forse avere contatti diretti con uno sbirro? Probabilmente no. Lui stesso, non l'aveva mai visto, don Luciano. Aveva sempre ricevuto i suoi ordini per via indiretta, e li aveva sempre eseguiti. In maniera impeccabile, altrimenti non sarebbe rimasto vivo fino a quel giorno. Quel giorno in cui aveva sbagliato.
Riguardo a don Luciano non si sapeva granché. Si sapeva solo che era lui a manovrare le redini di mezza Italia. Era lui a muovere le pedine nella scacchiera della politica. Ed era sempre lui che, servendosi di prestanome, aveva costruito un patrimonio immenso, con fondi sparsi in quasi tutte le più importanti banche del mondo. E, per finire, si sapeva anche che don Luciano non perdona. Non puoi sbagliare, quando lavori per don Luciano. E lui aveva sbagliato. Si, aveva decisamente bisogno di una mano.

Il commissario Stigazzi aveva molti più scheletri nell'armadio di quanti ne desse a vedere. Già da tempo aveva preso contatti con don Luciano e da subito aveva capito che se avesse voluto combinare qualcosa, era a lui che avrebbe dovuto rivolgersi. E così era iniziata l'epoca dei testimoni che si suicidavano, degli assolti per "mancanza di prove", delle bustarelle date alle persone giuste al momento giusto. E la sua carriera aveva preso una svolta: in poco tempo era diventato commissario, e tra un affaruccio e l'altro era riuscito a racimolare un bel po' di soldi che aveva coscientemente depositato in una banca svizzera. Prima o poi avrebbe mandato tutti affanculo, e se ne sarebbe andato da quel posto di merda. O almeno così pensava, ogni mattina che si guardava allo specchio radendosi la barba.


«Bravo, metti giù la pistola, che non serve», disse Stigazzi, come se stesse parlando a un bambino capriccioso.
Qualche ora prima, nella vecchia cantina, aveva aspettato che Pinna si distraesse, e furtivamente aveva fatto sparire il portafoglio dalla scena del crimine. Ora lo tirava fuori, e lo sbatteva in faccia all'assassino.
«Sapevo che questa era roba tua. È tuo vero?»
Il killer allungò la mano, e lesto afferrò il portafoglio.
«Anvedi 'sto stronzo!», intercalò Sticazzi, «E adesso, parliamo un po' di affari. Io ti faccio sparire nel nulla. Basterà procurare un cadavere che ti assomigli. Faremo un bel rapporto in cui dichiarerò che hai tirato fuori la pistola, hai sparato all'agente Pinna, e io ho dovuto aprire il fuoco. Per il test del DNA e cazzi vari, ho già persone fidate che se ne potranno occupare. Nessuno ti cercherà più. In cambio voglio due milioni di euro nel mio conto in Svizzera. So che per te non sarà un problema racimolare tutti quei soldi, dopo più di cinque anni che lavori alle dipendenze di don Luciano. Li voglio entro domani pomeriggio. E per essere sicuro che non farai il furbo, sappi che tengo già d'occhio la tua cara Emeline. Cinque uomini di mia fiducia la stanno seguendo giorno e notte. Salvo ordini contrari, alle cinque di domani pomeriggio le faranno saltare le cervella. Quindi, muovi il culo. E non pensare di fottermi. Neanche per scherzo.»

Pinna capiva lentamente il quadro che andava dipingendosi.
Il commissario si becca due milioni di euro, e io muoio. Fine della storia. Su cunnu...
Era sempre stato ligio al dovere. Mai sarebbe contravvenuto agli ordini. Ma, in quel frangente, doveva reagire. E fare qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato potesse fare. Nemmeno lui.

giovedì 5 marzo 2009

L'ultima volta [4ª PARTE]

«Pinna!! Pinna abbiamo vinto!! 'A magggica Pinna! 'A magggica!!! Doppietta di Totti!! Pinnaaa!!»
«Si, Signor Commissario, doppietta...» replicò imbarazzato l'agente Pinna.
«Metti le sirene Pinna, che quello stronzo con la volvo nera non si ferma... Mannaggia...»
Pinna accese le sirene. La volvo nera rallentò, e poi accostò.
«Buonasera agente», disse l'uomo al volante.
«Buonasera! Favorisca i documenti!» sentenziò Stigazzi.
«Commissario... potrebbe essere l'assassino, le procedure dicono di farlo scendere e fargli mettere le mani dietro...» sussurò Pinna all'orecchio di Stigazzi.
«Pinna!! E dajeeeee...! Le conosco le procedure!!» urlò sputacchiando, «e adesso lei scenda dalla macchina favorendo i documenti e mettendo le mani dietro la schiena bene in vista!!»

Ok, era nella merda. Sempre più nella merda. Il piccoletto sembrava aver detto qualcosa a quello grassoccio... Non era riuscito a capire cosa. Però gli era sembrato di sentire assassino... No, forse si sbagliava. Manteniamo la calma, continuò a ripetersi mentalmente. Scese dalla macchina.
«Adesso tiro fuori i documenti», disse rivolgendosi al commissario. Con una mossa repentina tirò fuori la sua .44 Magnum dalla fondina sotto la giacca, e la puntò verso i due poliziotti.
«A 'li mortacci Pinna!! Guarda in che casino...» borbottò Stigazzi. Poi, rivolgendosi all'uomo con la pistola, impavido e risoluto, disse: «Stiamo calmi, stiamo calmi! Un accordo lo troviamo. Qui sembra proprio che abbiamo trovato il cagnolino di don Luciano. Eh?! Il cagnolino che sta scappando dal padrone, e che forse ha più bisogno di una mano che di due sbirri morti sulla fedina... Cosa facciamo? La abbassiamo quella pistola?»
Pinna era terrorizzato. Tremava come una foglia e, pallido nel volto, era sul punto di svenire.

mercoledì 4 marzo 2009

L'ultima volta [3ª PARTE]

Si era sbarazzato dei cadaveri... E ci aveva messo più del previsto. Bisognava mettere fine a quella faccenda. E allontanarsi il più possibile. Il motore aumentò di giri.
Prima o poi dovrò parlare con don Luciano, pensava, o forse sarebbe meglio sparire, nel nulla... No no, non servirebbe, mi troverebbero, anche se andassi in capo al mondo. E se non riuscissero a trovare me, non voglio neanche immaginare quello che potrebbero fare a...
Il sangue gli si raggelò nelle vele. Brividi improvvisi lungo la spina dorsale. Tenere la calma, mantenere la calma, è tutto sotto controllo continuava a ripetersi meccanicamente. Ma sapeva che nulla era sotto controllo. La situazione gli era sfuggita di mano. La macchina correva all'impazzata.
Cazzo, era una macchina della polizia... E io ho superato il limite. Di molto. Non ci voleva... Cazzo! Sudava freddo. Ma doveva mantenere la calma... Vide di sfuggita uno sbirro grassoccio che saltellava dentro la macchina, e un altro magrolino che lo guardava sbigottito.

Dopo che l'agente Tore Pinna finì di scrivere il rapporto, si allontanarono dalla scena del crimine. Ora portiamo in centrale questo cazzo di rapporto, e poi tutti a casa che oggi c'è 'a matriciana... pensò Stigazzi, con l'acquolina in bocca. Pinna sterzò bruscamente per immettersi sulla tangenziale. Stigazzi fece un rutto rumoroso. La radio continuava la sua telecronaca.
Calcio di rigore a favore della Roma. Batte Totti. L'arbitro fischia... Ed è GOAL!! Due a zero per la Roma!!!
«Mi scusi, Signor Commissario... quella volvo nera che ci ha appena superato... non stava correndo un po' troppo?» chiese sbigottito Pinna, mentre Stigazzi saltellava in macchina, esultando per il goal del 2 a 0.
«Ma Pinna! Porca puttana... Come te lo devo dire? E stigazzi.....!! Dueazero! Dueazero per 'a maggica!! Ma ti rendi conto Pinna?!»
«Signor Commissario... l'uomo al volante... aveva i capelli... lunghi... e poi c'era la volvo nera... Corrisponde all'identikit dell'assassino... Non pensa che... forse...»
«Cristo santo Pinna! Ma perché cazzo non me le dici subito le cose?! Segui quella merda di macchina, e muovi il culo! Ma ti devo sempre dire tutto io?!»
«Grazie Signor Commissario, mi scusi, ha ragione...»
«Ecco bravo! Meno rottura di cazzo, e più operativo. E ora, silenzio!»
La radio continuò a borbottare la telecronaca. Roma due, Lazio zero. Ottantacinquesimo minuto.

Che cazzo vogliono?! Perché mi stanno seguendo... sbirri di merda... mugugnò a bassa voce, mentre si rendeva conto che la situazione stava davvero prendendo una brutta piega. Accelerare? Cercare di distanziarli? Con quella vecchia volvo sarebbe stato davvero difficile... E poi stava finendo la benzina. Se mi va bene, mi becco una multa per eccesso di velocità, se mi va male...
Si guardò addosso: le macchie di sangue... Cristo! Se ne era quasi dimenticato. E adesso? Diede uno sguardo allo specchietto retrovisore. La macchina degli sbirri gli si era attaccata al culo. E gli faceva i fari.
Ciao ciao... pensò.

lunedì 2 marzo 2009

L'ultima volta [2ª PARTE]

Erano le 19:55. Alla centrale di polizia il telefono squillava all'impazzata. Doveva essere successo un bel casino, giù al quartiere popolare. La gente era stranamente preoccupata. «Strano, di solito se ne fregano di queste cose» pensò ad alta voce il Commissario Stigazzi. Stavolta doveva essere qualcosa di grosso... Serviva la sua presenza.
Stigazzi fece una smorfia «Proprio oggi che c'è il derby... romalàzio!! 'A magggica... 'A magggica...! Dannazione!!» imprecava senza ritegno, da buon romanista sfegatato che era.
«Pinna!! Pinnaaaaaaa!!! Dove cazzo sei finito!? Ma cristo santo, ogni volta che servi sei nel cesso a cagare!?»
«No Signor Commissario, ero in archivio, stavo riordinando i casi come mi ha detto lei...»
«E stigazzi! Adesso muovi il culo che dobbiamo andare nella scena del crimine, che due cojoni...»
«Cos'è successo Signor Commissario?» chiese preoccupato l'agente Tore Pinna.
«Fatti un po' più i cazzi tuoi, e cerca di scassarmi meno i coglioni», rispose Stigazzi risoluto.

Mezz'ora dopo erano nel quartiere popolare. La radio era sintonizzata sul canale sportivo. «Ma proprio oggi doveva succedere...» borbottava Stigazzi.
Attesero un bel po' in macchina prima di scendere. Fine primo tempo.
«Facciamo una cosa veloce, abbiamo un quarto d'ora. Veloce Pinna! Hai capito!?» si rassicurò il Commissario.
«Ai suoi ordini, Commissario...» bofonchiò Pinna.
Entrarono nella cantina. Era buio. E c'era puzza. Puzza di sangue marcio, pensava Stigazzi. Sembra di essere in una macelleria.
«Pinna! Muovi il culo e cerca quella dannata luce! Facciamo il rapporto, e muoviamoci.»
L'agente Pinna accese la luce, e per poco non svenì. Lo spettacolo era raccapricciante. Sangue ovunque: per terra, sui muri, persino sul soffitto. Ma nessun corpo. Nessuna traccia visibile che potesse far venire in mente una pista da seguire.
«Bene, quindi cadaveri non ce ne sono...» sentenziò Stigazzi. «Allora se la vedranno quelli della Scientifica. Il nostro lavoro è finito. Andiamo Pinna, il rapporto lo scriverai in macchina mentre torniamo.»
Pinna notò che invece qualcosa era presente... in un angolo. Forse una scarpa... si, si! Era una scarpa. Un mocassino per la precisione. E affianco alla scarpa... Un portafoglio! Potevano esserci dei documenti dentro... Se fossero stati fortunati, sarebbero potuti essere i documenti dell'assassino. All'agente Pinna tremavano le mani. Fece un bel respiro, e a bassa voce, quasi sussurrando, disse: «Mi scusi, Signor Commissario... Veramente ci sarebbe un portafoglio e un mocassino, lì nell'angolo in fondo... vede!? Forse dovremmo...»
«Ma Pinna! Porca puttana ladra!! E stigazzi........!! Come te lo devo dire? È già iniziato il secondo tempo, e secondo te dobbiamo rimanere in questa topaia a lucidare mocassini? Io non ho visto niente. E neanche tu. Va bene Pinna? VA BENE?! NIENTE!!»
Pinna arrossì subito, e spaventato rispose: «Va bene Signor Commissario, niente, niente, non abbiamo visto niente.»
Uscirono dalla cantina. Risalirono in macchina. Il Commissario Stigazzi accese subito la radio. «Appena in tempo», sospirò. Era appena iniziato il secondo tempo. Fallo per la Roma. Calcio di punizione. Batte Totti. L'arbitro fischia... Pallonetto... ed è GOAL!! GOAL GOAL GOAL!!!
«Che ce frega der fenomeno c'avemo Totti Goal! E Totti Gooooal! E Totti Gooooooal!!»
Stigazzi si improvvisò in una standing ovation... da solo. Uno a zero per la Roma. «Forza ragazzi, continuate a combattere...!!», bofonchiò a denti stretti. Dagli occhi lucidi, lenta, gli scendeva una lacrima.

domenica 1 marzo 2009

L'ultima volta [1ª PARTE]

Le mani sudate stringevano forte il volante. Il cuore palpitava come una di quelle vecchie sveglie in metallo a carica manuale. Il sangue premeva sulle tempie, un mal di testa lancinante era in agguato. L'ultima volta, si era detto. L'ultima volta, e poi esco dal giro. Chiazze di sangue sulla camicia, sulla giacca, sui pantaloni. Non doveva andare così, si ripeteva. Non era nei piani, non era previsto. I cadaveri attendevano senza fretta nel bagagliaio.
DNA ovunque, stavolta mi beccano, stavolta non riuscirò a farla franca, e pensò che quella volta sarebbe stata davvero l'ultima. Doveva essere un semplice scambio di favori, "una cosa da gentleman", come avrebbe detto Antonino. E adesso cosa avrebbe raccontato a don Luciano? Che la situazione gli era sfuggita di mano? Che quei fottuti stronzi l'avevano preso per il culo? La verità era che aveva mandato a monte un affare. Un affare grosso, e ora si ritrovava coi cadaveri di due clienti nel bagagliaio, in un mare di merda in cui sarebbe affogato.
Doveva trovare una soluzione. Alla svelta. Forse aveva ancora una possibilità di salvarsi il culo. Far sparire le prove, prima di tutto. Far sparire i cadaveri, bruciare la macchina, bruciare i vestiti, farsi una bella doccia, e poi... a questo ci avrebbe pensato più tardi.
Ora doveva solo allontanarsi il più possibile da quel lurido quartiere fatiscente. Lo stavano già cercando. Aveva sempre avuto un sesto senso. Ma stavolta non serviva. Col casino che aveva combinato sapeva che probabilmente erano già sulle sue tracce.