giovedì 15 settembre 2016

Il Modello

Dagli albori della sua esistenza, l’uomo ha sempre cercato di interpretare il mondo circostante, creando modelli in grado di ricostruire il passato, rappresentare il presente e predire il futuro.
Modelli che fossero capaci di ridurre le infinite sfaccettature del mondo reale, approssimandole in qualcosa di finito, semplice, e umanamente gestibile.

Tutto ruota intorno al modello, tutti ragioniamo per modelli. E tutti siamo limitati dai nostri stessi modelli, troppo semplici per avere un contenuto informativo adeguato alle situazioni che ci troviamo ad affrontare. Modelli banali, modelli già usati, modelli sbagliati. E allora studiamo, ci evolviamo, ampliamo le nostre conoscenze. Creiamo nuovi modelli. Modelli migliori, modelli più giusti, modelli più completi. Ma ancora sbagliati. E più complichiamo il modello, più ci avviciniamo alla vera essenza delle cose, tendendo la mano verso l’Infinito.
Inutilmente.

Un modello semplice è un modello bello. Lo spieghi in due parole:
“Quattro stringhe, due interi, un booleano”.
Ti capiscono tutti. Lo implementi in 5 minuti.
Ma non va bene. Perché non è abbastanza esplicativo, non riesce a rappresentare nulla. Allora fai un modello più complesso.
Un modello complesso è un modello brutto. Impieghi giorni e giorni a spiegarlo, e quando finalmente sei riuscito a implementarlo, cambiano le specifiche.

“Eeeh! Che sarà mai… Aggiungi un booleano!”
Aggiungere un booleano a un modello già implementato ha ripercussioni gravissime. Sull’interfaccia, sul server, sul client, sugli amici del client e sui parenti del server. Sulla tua vita sociale. Sulla tua vita coniugale. Sui tuoi ritmi circadiani. Sul tuo metabolismo. Sulla tua regolarità intestinale. Sulle tue aspettativa di vita. Sulle maree e sugli spostamenti tellurici. Sui cuccioli di foca, sui delfini, sui panda, e su tutti gli altri animali che generano simpatia incondizionata.

Ci hanno sempre fatto credere che prima del Big Bang ci fosse il Nulla. O che comunque nessuno sia mai riuscito a ricostruire gli istanti immediatamente precedenti al Big Bang.
Cazzate.
Prima del Big Bang c’era un altro Mondo, molto simile a quello attuale, ma più semplice. Non tutti erano felici, ma non erano tanti quelli tristi. Si lavorava, ma si andava anche in vacanza. Non si avevano grandi aspettative, ma si viveva giorno per giorno, cercando la gioia nella semplicità delle piccole cose. Finché qualcuno non decise di aggiungere un booleano al Modello.

Boom.

domenica 6 febbraio 2011

Guida in stato di merda

Dopo le nuove norme del codice della strada, oggi è stato approvato un altro decreto legge che entrerà in vigore da giugno. Tra i vari punti: la guida in stato di merda.
"Troppi incidenti sono causati da irresponsabili che mettono a rischio la propria vita e quella delle altre persone. Oggi abbiamo fatto una conquista epocale." Queste le parole del presidente del Consiglio, in riferimento alla nuova normativa appena approvata.
Dalle statistiche risulta infatti che il 30% degli automobilisti guida sistematicamente in stato di merda, e ben l'80% ha guidato in stato di merda almeno una volta nell'ultimo mese. "Sono cifre preoccupanti. L'imperativo sarà tolleranza zero." Così si è espresso il ministro dei Trasporti, durante la conferenza stampa tenutasi questa mattina a Montecitorio.
Da giugno ai classici autovelox saranno affiancati gli automerdox: dispositivi in grado di rilevare un'ipotetica guida in stato di merda. Verranno presi in considerazione molti fattori: velocità sostenuta, andatura a zig-zag, sorpassi azzardati, ecc. Se l'automerdox dovesse segnalare che il conducente potrebbe essere in stato di merda, le forze dell'ordine procederanno al merdatest. Se il conducente si dovesse rifiutare è previsto il massimo della pena.


Da un'esperta commissione di medici e scienziati sono stati delineati i limiti in base ai quali verranno emanate le sanzioni:
<0,3%: il soggetto non è in stato di merda. È pienamente cosciente delle sue azioni, ha piena percezione della realtà.
>0,3%: il soggetto è in stato di merda.
Si suddividono:
Tra 0,3% e 0,7%: stato di merda lieve. Il soggetto è ansioso, preoccupato. Inizia a sudare freddo. Si distrae frequentemente mentre guida. La sua mente è annebbiata. Comporta una sanzione amministrativa da 200 a 400 euro.
Tra 0,7% e 1,0%: stato di merda moderato. Il soggetto è pallido, completamente sudato. Non riesce a concentrarsi e mostra la tipica andatura barcollante a culo stretto. Comporta una sanzione amministrativa da 500 a 1000 euro e la sospensione della patente da sei mesi a un anno.
Oltre 1,0%: stato di merda grave. Il soggetto non è più in grado di intendere e di volere. Non fa che saltellare da una parte all'altra. Non riesce a distinguere la realtà, spesso dimentica la sua stessa identità. Rappresenta un pericolo per tutti quelli che gli stanno intorno. È previsto l'arresto immediato con l'accusa di tentata strage, una multa fino a 2.500 euro, il ritiro della patente fino a 5 anni e la confisca del mezzo.


Il leader dell'opposizione ha fatto sentire la sua voce: "È una legge iniqua che punisce solo i poveri che non possono permettersi di andare in giro in camper. Un'altra legge ingiusta emanata da questo governo che pensa solo a nuove trovate per fare cassa."
Il presidente del Consiglio ha ribadito: "Noi oggi stiamo salvando delle vite. Le stragi del sabato sera saranno solo un ricordo dopo che la legge entrerà in vigore."
In attesa dell'attuazione della legge, rimane una domanda a cui ancora non siamo riusciti a dare una risposta: quale sarà la procedura per fare il merdatest?

venerdì 4 febbraio 2011

L'ultima volta [18ª PARTE]

«Devi morire, per poi rinascere. Come una fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Sei riuscito a smascherare Stigazzi. Sei riuscito a sopravvivere. Ci serve un uomo come te: se ci dimostrerai lealtà e se saprai essere un uomo d'onore, avrai la tua ricompensa. Ma un commissario è appena morto. Tu eri il suo collega, vi hanno visto assieme prima della sua scomparsa, e gli investigatori ti farebbero tante di quelle domande che nemmeno immagini. E tu non hai un alibi. Insceneremo un incidente. Useremo il corpo del Carogna, che più o meno ha la tua stessa corporatura. Lo metteremo nell'auto di pattuglia che usavi col commissario, insieme al corpo del commissario. Ribalteremo la macchina e le daremo fuoco. Sembrerà un incidente. La macchina che usate di solito com'è, a benzina o diesel?»
«È a metano», rispose Tore Pinna. Aveva riacquistato un po' di colorito.
«Ancora meglio, sembrerà più credibile. Ho dei contatti con la scientifica. Falseranno i vari test e uscirà fuori che il corpo del Carogna è il tuo, che stavate andando al lavoro, che siete usciti fuori strada, e che siete morti tragicamente. E questa è la tua morte. Riguardo alla tua rinascita avrai bisogno di un nuovo nome, di una nuova identità. Nuovi documenti, nuovo lavoro. E una nuova faccia. Penseremo a tutto noi, plastica facciale compresa. Che ne pensi?»
Sul volto di Tore Pinna si disegnò un sorriso soddisfatto. Era meglio di quanto avrebbe potuto chiedere.
«Si, sono con voi. Vi do la mia completa lealtà. Sul mio onore.»
«Vieni da me, figliolo, oggi grazie a te abbiamo risolto un bel problema.» Don Luciano lo abbracciò. Il Contabile e il Macellaio si guardarono stupiti. Non avevano mai visto una scena del genere.


Il commissario della polizia di Cagliari, Massimiliano Cadeddu, sedeva beatamente nel suo ufficio. Ogni tanto, guardandosi allo specchio, gli sembrava di vedere un estraneo, e in effetti era un estraneo quello che vedeva. Tore Pinna era morto, e adesso c'era quella strana persona a guardarlo ogni mattina quando si faceva la barba. Pazienza, ogni cosa ha il suo prezzo.
Si stava alzando per andare via, quando squillò il telefono. Rispose. Cazzo. Proprio adesso. Tra poco più di mezz'ora gioca il Cagliari. Cagliari - Juventus. Sono già in ritardo per andare allo stadio. Ma cuddu cunnu...
«Si, pronto?»
«Buonasera, sono il questore Masala, è necessario che lei intervenga al più presto: è appena avvenuto un delitto in via Trincea dei Razzi, al numero civico nove. I vicini hanno sentito degli spari provenire dall'appartamento di sotto. Sono scesi e hanno trovato una scena raccapricciante. Faccia subito un sopralluogo.»
«Va bene, signor questore.» Ma cuddu cunnu santu... proprio oggi che c'è il Cagliari... Fanculo ai cazzo di sopralluoghi di merda...
 «Pintus!! AGENTE PINTUS!»
«Si, signor Commissario?»
«Ma dove cazzo sei quando servi?!?»
«Sono qui signor Commissario!»
«Ecco, muovi il culo che dobbiamo andare a fare un sopralluogo.»

Arrivati alla scena del crimine, lo spettacolo era terrificante: sangue ovunque, brandelli di... ma quello è cervello? cervello, probabilmente.
«Bene, qui tutto a posto, fai tu il rapporto che poi te lo firmo. Ce ne andiamo, arrivederci e grazie.»
«Ma signor Commissario, qui a terra c'è un portafoglio...»
«E stigaaaaaaazzi!!! Qui c'è il Cagliari, Pintus!! Cagliari Giuvventus! Giochiamo con la Giuvventus! Ma sai cosa vuol dire?»
«Eh, no, cioè si... ma...»
«Ma un cazzo, questo lo prendo io.» Prese il portafoglio. «Sicuramente è di qualcuno che l'ha perso, ci penso io a restituirglielo, non scrivere niente nel rapporto, che non c'è bisogno. E adesso muovi il culo che andiamo via da questo posto di merda. Mi sta venendo la nausea.»
«Si, signor Commissario.»

Cazzo... Le otto e mezza. Ma se ci muoviamo ce la posso fare. Mi faccio tutta la strada nella corsia dei pullman con la sirena accesa... A tavoletta! In dieci minuti sono allo stadio. Lancio la macchina dove capita. E per le otto e quarantacinque puntuale sono lì. Seduto in tribuna d'onore. Si, ce la dovrei fare. Cagliari gooool, Cagliari gooooooool, Cagliari gooooooooooooool!!!!

FINE

giovedì 3 febbraio 2011

L'ultima volta [17ª PARTE]

Il cancello della villa di don Luciano si aprì non appena arrivò la macchina del Contabile e del Macellaio. Il giardino era in stato di semiabbandono e i muri esterni della casa avrebbero avuto bisogno di una bella riverniciata: in alcuni punti addirittura l'intonaco cadeva a pezzi. Ma i due sapevano che l'apparenza inganna, e che dentro quella casa era custodito un patrimonio di  inestimabile valore. Era una copertura. Nessuno, eccetto pochi eletti e una decina di guardie del corpo, conosceva il luogo in cui abitava don Luciano, e nessuno si aspettava di trovare un plurimilionario in una casa come quella. Appena entrati si veniva abbagliati dalle luci di innumerevoli lampadari di cristallo e i pavimenti in marmo riflettevano la luce dando l'impressione di camminare sull'acqua. Quella che da fuori poteva quasi sembrare una casa disabitata, da dentro era la degna dimora di un sultano.
Seduto in una delle poltrone del salotto, davanti al caminetto acceso, don Luciano aspettava che i due giungessero da lui. Detesto gli imprevisti. Quando ero più giovane una cosa del genere non mi avrebbe dato fastidio più di tanto, ma oramai gli anni son passati. E io non potrò continuare per sempre a occuparmi di tutto da solo. Se solo avessi avuto un figlio a cui lasciare il mio impero. Avrei dovuto da tempo trovarmi un braccio destro. Sul Contabile so di poter fare affidamento, ma non ha il carattere giusto per questo lavoro. È capace di mandare a monte un affare solo perché si è svegliato col piede sbagliato. E poi ha una certa età anche lui, ormai. Anche sul Macellaio so di poter contare. Ha fatto tanti di quei lavori per me... Ma è uno psicopatico. Non sarebbe in grado di reggere le redini del mio impero. E così non mi posso ancora riposare, e devo risolvere da solo tutti i problemi della nostra grande Famiglia.

Nella stanza entrarono il Contabile e il Macellaio.
Parlò il Contabile: «Buonasera don Luciano, ci scusi per questa terribile situazione.»
Don Luciano rispose col suo tono profondo e privo di emozioni: «Sedetevi, non restate lì in piedi e vediamo di risolverla, questa situazione. Solo alla morte non c'è rimedio, non ve l'ha mai spiegato nessuno? Adesso arriveranno prima il commissario Stigazzi col Carogna, e poi questo signor Pinna che dice di sapere tante cose. Ammesso che si chiami davvero così. Il Carogna, ormai, non ci serve più. Macellaio, dovrai occupartene appena arrivano. È da troppo tempo che è più dedito al bere che a seguire i nostri affari. Poi vedremo queste clamorose prove che ci deve mostrare il signor Pinna, e deciderò cosa fare.»

Poco dopo giunsero nella stanza il commissario Stigazzi e il Carogna, scortati dalle tre guardie che li avevano accompagnati in macchina. Avevano il capo coperto con un sacco, precauzione presa per evitare che capissero dove si trovavano.
«Scopriteli», ordinò don Luciano. Nei volti dei due si dipinse un misto tra paura e stupore. Con gli occhi sbarrati fissavano don Luciano.
Questo è don Luciano, pensò Stigazzi, e questa è la mia ultima occasione. Gli devo far capire che Pinna sta cercando di fotterlo. Se sono fortunato me ne andrò via con un "grazie" e poi... Arrivederci, don Luciano! Fottiti tu e tutti i tuoi dannati scagnozzi, io me ne vado in Svizzera e ti saluto! Involontariamente sorrise. Una smorfia, più che un sorriso.
«Cos'hai da ridere, Stigazzi?»
«No, don Luciano, non sto ridendo... è solo che... mi fa male la gamba... posso spiegarle tutto: Tore Pinna mi ha sparato, è un agente che lavora con me, e ci vuole incastrare... vede, lui sa delle cose che io... cioè che noi... ehm...»
«E dimmi, Stigazzi, come farebbe un agente semplice della polizia a sapere "delle cose"?»
«Ehm... non so... probabilmente mi ha spiato, oppure, non so...»
«Capisco.» Rivolgendosi alle due guardie di scorta: «Accompagnate Stigazzi nella sala B e il Carogna nella sala C.» Il Contabile e il Macellaio si scambiarono un'occhiata di intesa. Sapevano che nel seminterrato della casa di don Luciano c'erano tre sale: la sala A, in cui c'erano i monitor di sorveglianza di tutta la casa, era la più grande. Si poteva vedere e sentire tutto quello che succedeva nelle altre tre sale. C'erano inoltre numerosi computer e altre attrezzature tecnologiche che permettevano di intercettare telefonate, movimenti bancari, ecc. La sala B, chiamata anche il Limbo, era il posto in cui venivano portati quelli che erano in attesa di giudizio. La sala C, invece, voleva dire morte. Era completamente insonorizzata, e sarebbe potuta esplodere una granata senza che all'esterno si sentisse il benché minimo rumore. Ma la morte, nella sala C, era di due tipi: la morte veloce, e indolore... e la morte lenta. C'erano infatti una quantità immensa di strumenti di tortura, dalle pinze per strappare unghie e denti, a macchinari più sofisticati che riuscivano a far soffrire un prigioniero per ore e ore senza farlo morire, né svenire.
Dopo che il Carogna e Stigazzi furono portati via, don Luciano si rivolse al Macellaio: «Ora vai dal Carogna, ma fai una cosa veloce e torna subito.» In meno di un minuto, il Macellaio era già di ritorno.

È l'ultima mano, pensò Tore Pinna cercando di non soffocare dentro il cappuccio scuro che gli era stato legato un po' troppo stretto. Spero di giocarla bene. Se mi hanno messo il cappuccio, vuol dire che non vogliono che sappia dove si trova la dimora di don Luciano. E se non vogliono che sappia, magari potrebbero volere che sopravviva. Ho perlomeno una possibilità di sopravvivere. O forse morirò in ogni caso. Ma non prima di averla fatta pagare a quel pezzo di merda di Stigazzi.
La macchina si fermò. Il motore si spense. Arrivati. «SCENDI!» gli urlò una voce imprecisata... una delle due guardie, chiaramente. Scese dalla macchina. Aveva ancora il cappuccio e le mani legate. Gli slegarono le mani ma gli lasciarono il cappuccio. Sto iniziando seriamente a soffrire di claustrofobia, o forse sto semplicemente morendo soffocato. Le due guardie lo presero: una a destra e una a sinistra. Poi sentì il rumore di una porta che si apriva. Una porta grossa... di quelle pesanti. Ancora altra strada. Probabilmente aveva attraversato cinque o sei stanze, non poteva esserne sicuro. Poi sentì un vociare che si avvicinava sempre di più. Lo scoppiettio di un fuoco. Le due guardie si fermarono.
«Toglietegli il cappuccio, e andate a controllare l'ingresso», ordinò don Luciano.
Tore Pinna pensò di non aver mai visto così tanta luce tutta in una volta. Impiegò qualche secondo prima di riuscire a distinguere le forme... e le persone. C'era il Macellaio. C'era il Contabile. E c'era un distinto signore. Già avanti con gli anni... Settanta? Settantacinque? Qualcosa del genere insomma. Questo è don Luciano, mi gioco i coglioni.
«Tore Pinna. Sei sardo?»
«Si, signore.»
«Immaginavo. È bella la Sardegna. Io ci son stato quand'ero più giovane. Ma adesso...» Don Luciano sospirò. «Adesso dammi una buona ragione per non farti uccidere subito. Stigazzi ci ha detto che lo hai spiato.»
«È vero.»
«E poi ha detto che stai seguendo un'indagine... per farci arrestare! Ah ah ah!» Don Luciano scoppiò in una fragorosa risata. Il Contabile e il Macellaio risero anche loro, forzatamente.
«No, signore. È lui che sta facendo il doppio gioco. Ha avuto contatti con un'organizzazione spagnola. Vende a loro la roba che sequestra a voi. O, meglio, gliela passa e si prende una percentuale.»
«E io dovrei crederti?» Don Luciano sembrava perplesso. Mai, nella loro vita, il Contabile e il Macellaio avevano visto don Luciano perplesso. Di solito il suo volto non tradiva emozioni. La sua voce aveva sempre lo stesso tono basso e costante. Ma questa volta...
«Si, deve credermi. Posso dimostrarglielo.» Tore Pinna mise una mano nella tasca della giacca, e si ritrovò la pistola del Macellaio e quella del Contabile puntate alla testa.
«Giù le pistole, fate i bravi ragazzi», li esortò don Luciano, «non può avere niente di pericoloso. È già passato per il metal detector prima di entrare. Ed è già stato controllato dalle guardie. Su, facci vedere il tuo asso.»
Tore Pinna tirò fuori una penna usb, di quelle che si comprano al supermercato per dieci euro.
«E questa che roba è? Uno scherzo? Guarda che non sono in vena di scherzare, giovanotto!»
«Queste son le prove... o meglio, parte delle prove. Il resto è a casa mia, ma questo è sufficiente per dimostrarle che non sto mentendo. Ci sono i rapporti della polizia sulla merce che le è stata sequestrata negli ultimi due anni, e i rapporti sui movimenti del commissario Stigazzi su un conto che ha aperto in Svizzera. Le date coincidono: ogni volta che lei perdeva della merce, lui incassava del denaro e lo depositava in Svizzera.»
«Allora andiamo nella sala A. Vorrà dire che male che vada, dalla sala A passerai direttamente alla sala C, in compagnia del Macellaio.» Tore Pinna non capì del tutto quell'affermazione, ma pensò di aver intuito abbastanza.

Dopo che arrivarono nella sala A, il Contabile appurò la veridicità delle affermazioni di Tore Pinna.
«Don Luciano... È tutto vero. Stigazzi ci sta fregando. Queste ricevute sono autentiche, questi rapporti sono autentici», disse il Contabile.
«Sei sicuro?» chiese don Luciano.
«Assolutamente, si.»

Regola numero uno: chi sbaglia è morto. Regola numero due: chi tenta di fottere don Luciano, è morto due volte. 
Don Luciano andò nella sala B, dove Stigazzi aspettava la sua sorte. Aprì la porta.
«Don Luciano! Non so cosa vi abbia raccontato quel...»
«Stai zitto schifoso fetente. Tu ci hai tradito. Hai tradito la nostra Famiglia. Noi ti abbiamo dato il cuore, e tu ci hai ripagato così.» Tirò fuori la pistola. «E adesso, lo sai che succede a chi tenta di fottere don Luciano?»
«No, ma... Don Luciano, è uno sbaglio!» Stigazzi tremava.
«Si, è uno sbaglio. Il tuo sbaglio!» Don Luciano gli sparò a una gamba. A quella gamba a cui già aveva sparato Tore Pinna qualche ora prima. Il dolore fu lancinante.
«Non mi uccida la prego...» piagnucolò Stigazzi.
«Ucciderti? Ti piacerebbe... No, non ti uccido.»
Don Luciano uscì dalla sala B. E rientrò nella sala A.
«Macellaio, porta Stigazzi nella sala C.» Sala C, morte... «E fai un bel lavoro. Un lavoro dei tuoi. Lento. Senza fretta. Voglio godermi la scena.» Don Luciano si sedette su una poltrona, schiacciò un pulsante, si abbassarono le luci e si accese un proiettore.  Come al cinema, pensò Tore Pinna.
«Sedetevi, e gustatevi anche voi lo spettacolo.»
Ciò che seguì fu straziante. Ma anche piacevole. Tore Pinna, inizialmente spaventato, provò uno strano senso di soddisfazione nel vedere il commissario Stigazzi prima piangere come un bambino, poi gridare e supplicare pietà e infine chiedere di morire. Lo "spettacolo" durò due ore e mezza. Poi finì.

«E adesso», disse don Luciano, «mi dispiace, caro Tore Pinna, ma devi morire anche tu.»
A Tore Pinna si raggelò il sangue nelle vene.

mercoledì 2 febbraio 2011

L'ultima volta [16ª PARTE]

Erano ormai le due del mattino quando il Contabile e il Macellaio giunsero alla dimora di don Luciano. Di lì a poco sarebbero arrivati anche Tore Pinna, il commissario Stigazzi e il Carogna.
Il giorno dopo, verso l'ora di pranzo, nel sito del quotidiano online La Res Pubblica, si sarebbe potuto leggere il seguente articolo:

MUOIONO TRAGICAMENTE COMMISSARIO E AGENTE
Trovati i due corpi carbonizzati dentro l'auto di pattuglia. Intimidazione, resa dei conti o tragico incidente?

Intorno alle 7:00 del mattino sono stati ritrovati i due corpi carbonizzati dentro un'auto della polizia. Le indagini della polizia scientifica hanno potuto appurare che si trattava dei corpi del commissario De Rossi Andrea (noto Stigazzi) e dell'agente Salvatore Pinna (noto Tore). È stata ritrovata l'auto ribaltata ancora in fiamme, sul ciglio della SS 145, ma ormai era troppo tardi per i soccorsi: i corpi erano già carbonizzati. È una strada poco trafficata, che i due percorrevano ogni giorno per recarsi in caserma. Probabilmente l'auto di pattuglia (una macchina a metano) aveva da poco fatto il pieno, e, in seguito all'incidente, è esplosa. I due sono morti sul colpo. Qualcuno sospetta che si tratti di una resa dei conti, dato che il commissario Stigazzi stava indagando su alcuni omicidi avvenuti nei giorni scorsi, ma per ora tutti gli indizi fanno pensare a un tragico incidente.

lunedì 31 gennaio 2011

L'ultima volta [15ª PARTE]

Il Carogna, il Macellaio, il Contabile, e don Luciano. Quattro gradini. Mancava ancora l'ultimo.
Fingendo di essere un ricco signore che aveva per le mani un affare da milioni di euro, Tore Pinna era riuscito ad abbindolare il Carogna, e a ottenere un appuntamento col Macellaio. Il Macellaio non aveva a che fare coi soldi, a quello ci pensava il Contabile. Era da qualche ora che andava avanti quella storia, ma sembrava fossero passati anni da quando avevano fatto l'ispezione presso il luogo dell'omicidio. Da quando aveva sparato a una gamba a Stigazzi che, per sua fortuna, poteva ancora camminare, magari zoppicando un po'. Il colpo l'aveva probabilmente beccato di striscio.
E adesso eccolo, in casa del Contabile, insieme al Macellaio. Tore Pinna aveva svuotato il sacco: voleva incastrare Stigazzi. Doveva solo riuscire a dimostrare quello che sapeva.
Regola numero uno: chi sbaglia è morto. Regola numero due: chi tenta di fottere don Luciano, è morto due volte. Stigazzi aveva fatto il doppio gioco con don Luciano. Il compito di Tore Pinna era quello di dimostrare quello che sapeva, ma doveva farlo in fretta: dio solo sa che balle sarebbe stato in grado di inventarsi Stigazzi.
Stigazzi che, arrivato anche lui a casa del Contabile in compagnia del Carogna, attendeva l'apertura del cancello.

«Allora, Salvatore Pinna, ammesso che ti chiami davvero così», disse il Contabile, «tu prima ci parli di un affare da milioni di euro, e poi ci tiri fuori questa storia incredibile? Secondo la quale il nostro Commissario sta cercando di fottere don Luciano? Io spero per te che tutto ciò che hai detto sia vero, che tu abbia le prove, e che...» Si fermò per un attimo. Se Tore Pinna fosse stato un impostore, sarebbe morto. Se invece davvero stava dicendo la verità... a quel punto sapeva troppe cose, e sarebbe morto ugualmente. Pazienza, pensò, uno in più, uno in meno.
Il Contabile sospirò. «Spero per te che oggi sia la tua giornata. Ma cosa mi dice che non sei uno sbirro che vuole incastrarci?»
Tore Pinna rispose: «Sono solo. Per quanto mi riguarda, con la polizia ho chiuso. Ho le prove di quello che sto dicendo. Ho tutte le informazioni sull'organizzazione spagnola con cui è in contatto il commissario Stigazzi. Movimenti bancari, nomi, numeri di telefono, indirizzi. Ho delle registrazioni di alcune sue conversazioni. Portatemi da don Luciano e ve lo dimostrerò.»
Avrebbe potuto farlo torturare dal Macellaio per fargli dire dove teneva quelle informazioni, pensò il Contabile, ma non c'era tempo. Voleva vederci chiaro, e subito. E non voleva prendersi responsabilità. È il caso di chiamare don Luciano, deciderà lui cosa fare.

Il Contabile prese il telefono e compose un breve numero. Probabilmente è un numero interno di chiamata, pensò Tore Pinna.
«Frank! Mandami due uomini qui, nella sala rossa. Quanti ce ne sono all'ingresso?» Una pausa. «Dovrebbero bastare. Avvisali che sta arrivando il Macellaio, dovranno prendere ordini da lui.» Dopo meno di un minuto arrivarono due uomini, tuta nera, pistola nella fondina, probabilmente due guardie del corpo, pensò Tore Pinna. «Prendetevi cura di lui, mi raccomando.» Poi, rivolgendosi al Macellaio, continuò: «Pensaci tu ad accogliere i nostri ospiti. Io vado a chiamare don Luciano. Tienili un po' sulle spine... come sai fare tu. Tieni», porgendogli un altro telefono, «dopo che sento don Luciano ti farò sapere il prossimo passo». Il Carogna e il Macellaio si allontanarono, lasciando Tore Pinna in compagnia delle due guardie armate.

«E finalmente ci aprono 'sto cazzo di cancello!» tuonò Stigazzi sporgendosi dal finestrino. Forza, Carogna, andiamo, sali in macchina e portala dentro... per me è sempre più difficile camminare. Mi ha ripreso a sanguinare la gamba... colpa di quel pezzo di merda di Tore Pinna!» Una chiazza scura si stava lentamente espandendo nella gamba di Stigazzi. La fasciatura non avrebbe retto per molto.
Il Carogna risalì in macchina, oltrepassò il cancello e dopo qualche centinaio di metri si fermò. In mezzo al viale c'era il Contabile. Dietro di lui, cinque uomini puntavano un fucile nella loro direzione. Si girò verso il commissario. Ma Stigazzi, attonito, era come ipnotizzato dai cinque fucili.
«Scendete giù da quella cazzo di macchina e fatemi vedere le mani!» tuonò il Macellaio. Scesero dalla macchina.
Questo potrebbe essere il Macellaio. O il Contabile, penso Stigazzi. Non li ho mai visti in faccia. Dalla voce però... Si, è quasi sicuramente il Macellaio. Devo dire qualcosa. Devo fargli capire subito che si tratta di uno sbaglio. Che si possono fidare di me. Parlò Stigazzi: «Mi ascolti, è tutto un equivoco...» Ma non ebbe il tempo di finire. Il Macellaio estrasse la pistola con gesto fulmineo e sparò tre colpi verso il cielo.
«NON HO CHIESTO IL TUO PARERE!!» urlò il Macellaio verso Stigazzi. «Non mie ne frega un cazzo delle tue opinioni. Buttate le armi». Buttarono a terra le pistole. «Qui è arrivato uno che dice di conoscerti... Salvatore Pinna, ti dice qualcosa? Dice che ci vuoi fottere. Dice di avere delle prove. Ma stai sereno, se hai fatto il bravo ragazzo non hai niente da temere. In caso contrario... beh, in tutti questi anni ti sarai fatto un'idea di come vanno queste cose, vero?» Così dicendo il Macellaio scoppiò in un'agghiacciante risata isterica. Quella risata..., pensò Stigazzi, questo è sicuramente il Macellaio. È inconfondibile, è il suono di un coltello che raschia ripetutamente un piatto. Il telefono che il Contabile aveva dato al Macellaio squillò. Il Macellaio si allontanò di qualche passo.
«Si?»
«Ho chiamato don Luciano», gli disse il Contabile. «Non era per niente di buon umore. Ha detto di andare da lui immediatamente. Dice di andare con tre macchine: in una il Carogna e il Commissario, insieme a tre guardie, in un'altra Tore pinna insieme a due guardie, e nella terza noi due da soli. Ha detto che dobbiamo prendere strade diverse, la prima deve passare per il Largo Colombo, l'altra, quella con Tore Pinna, per la SS 145, e a noi ha detto di prendere l'asse. Ha paura che qualcuno ci possa seguire. In questo modo noi dovremmo arrivare per primi, Tore Pinna per secondo e per ultimi Stigazzi e il Carogna.»
«Ok, che faccio adesso?»
«Aspettami lì, sto arrivando, giusto il tempo di organizzare le tre macchine e la sorveglianza.»

Nella sua poltrona di pelle nera stava seduto don Luciano. Stava spesso sveglio di notte, e quella notte non faceva eccezione. Questo era un imprevisto, e gli imprevisti non piacevano a don Luciano. Davvero Stigazzi faceva il doppio gioco? Dopo tutto quello che Loro avevano fatto per lui? In ogni caso è arrivato il momento di sbarazzarmi del Carogna, non è più una persona affidabile. Aprì il cassetto della scrivania, e tirò fuori una pistola. Per tutto c'è una soluzione, pensò mentre accarezzava l'arma, al mondo tutti sono utili, nessuno è indispensabile. Eccetto me.

venerdì 24 luglio 2009

L'ultima volta [14ª PARTE]

Il Macellaio tirò fuori la pistola.
«Che scherzo è questo?»
«Non è uno scherzo», rispose risoluto Tore Pinna, «e io non sto giocando. Il commissario Stigazzi era il mio superiore, un uomo che suppongo conosciate abbastanza bene. Mi ha sempre reputato un poco di buono, poco più di un imbecille, e non si è mai preoccupato che potessi accorgermi di quello che stava succedendo. Ha da tempo preso contatto con un'organizzazione spagnola. Operano nel vostro territorio senza che voi nemmeno ve ne accorgiate. Sono riusciti a corrompere poliziotti, finanzieri, carabinieri, politici. Il gioco funziona così: Stigazzi li avverte se c'è un vostro uomo che sta trasportando su un camion della "merce interessante". Loro avvertono chi di dovere: uomini di legge corrotti fermano il camion, e arrestano il vostro uomo. Metà del contenuto del camion rimane, e va agli atti, metà viene fatto sparire in Spagna. Stigazzi ha un conto aperto in Svizzera, in cui per ogni soffiata gli viene accreditato un cinque percento del valore della merce venduta. Se pensate che stia scherzando, provate a chiedere a Stigazzi in persona. Probabilmente sarà qui a momenti. È sulle mie tracce...»
Il Macellaio e il Contabile si guardarono basiti: non avrebbero mai immaginato una situazione simile. Non sapevano cosa fare. Pinna diceva la verità? Voleva davvero avvisarli, o era lui il vero pericolo?

«Bene signor Commissario, siamo arrivati. Quella in fondo al viale è una delle macchina del Macellaio... Sono tutti qui», disse il Carogna. Si fermarono di fronte al cancello della villa del Contabile.
«Bene, e ora ricorda: Pinna vuole incastrarci tutti. È già arrivato, e avrà già messo su il suo bel teatrino. Qualsiasi cosa abbia tirato fuori per pararsi il culo, sta solo prendendo tempo, cercando prove, aspettando di avere qualcosa di concreto con cui inchiodarci. Quindi dobbiamo convincere il Contabile e il Macellaio che va fatto fuori, subito. Che è un rischio per tutti noi. E che dice solo una marea di stronzate. Chiaro?!?»
«Si, certo, signor Commissario.»
«Adesso scendi dalla macchina e fatti aprire 'sto cancello de merda.»

«Tu che dici?» chiese il Contabile al Macellaio.
«Non so, penso sia ben oltre le mie competenze», rispose il Macellaio.
«Penso che tu abbia ragione. Se tutto quello che ho appena sentito fosse vero, sarebbe l'inizio di una nuova era. Per tutti noi.»
Suonò il campanello. «Guarda lì», disse il Contabile, indicando uno dei monitor di sorveglianza. «Quello è il Carogna, e affianco a lui c'è proprio il Commissario Stigazzi. Questa storia mi piace sempre meno.»
«Ma allora cosa facciamo?» chiese il Macellaio.